
16 settembre 2025
Un processo di riforma ancora lungo.
Il Consiglio dei Ministri del 4 settembre 2025 ha approvato lo schema di disegno di legge delega, intervenendo su formazione, ordinamenti, responsabilità e governance. Stando a qualche titolo di giornale sembra cosa fatta. E’ bene allora chiarire che uno “SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE” è, detto in parole povere, una bozza di proposta legislativa preparata dal Governo. L’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri (CDM) significa che il Governo ha formalmente deciso di presentare questo testo al Parlamento. La “delega al Governo” è una specifica procedura prevista dall’articolo 76 della Costituzione italiana. Significa che il Parlamento, attraverso una legge (chiamata “legge delega”), autorizza il Governo a emanare decreti con forza di legge (chiamati decreti legislativi). La legge delega stabilisce i principi, i criteri direttivi e i termini temporali entro cui il Governo deve agire. In questo caso, il Parlamento, se e nei limiti in cui approverà lo schema di disegno di legge, darà al Governo il potere di definire i dettagli tecnici su professioni sanitarie e responsabilità medica, senza dover passare per il lungo e complesso iter legislativo parlamentare per ogni singola norma. Si tratta dunque del primo passo, ma il percorso è ancora lungo (basti pensare a quanti anni si è dovuto aspettare il Decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy del 15 dicembre 2023, n. 232, attuativo dell’articolo 10, comma 6, della c.d. Legge Gelli-Bianco, che disciplina l’obbligo di assicurazione per le strutture sanitarie e i professionisti che vi operano).
Le novità in ambito penale e le differenze con la c.d. Riforma D’Ippolito.
La bozza di disegno di legge introduce importanti modifiche in ambito penale. La principale è l’introduzione non di uno “scudo penale” vero e proprio per i medici. Più limitatamente, se il professionista sanitario si attiene alle linee guida o alle buone pratiche clinico-assistenziali, è punibile solo per colpa grave. Si vuole ridefinire dunque il legame tra l’accertamento della colpa medica e il rispetto delle linee guida: queste ultime non costituiscono più un parametro esclusivo, ma vengono sostituite dagli indirizzi di diagnosi e cura rilevanti nel caso concreto, dei quali le linee guida diventerebbero solo una delle possibili fonti, mentre le buone pratiche clinico-assistenziali, da rimedio sussidiario in caso di assenza di linee guida, assumerebbero un peso a queste equivalente. Tale scelta deriva dalla constatazione che le linee guida, per loro natura, sono complesse da redigere, costose e soggette a rapida obsolescenza. Vengono inoltre specificati i fattori che il giudice dovrà considerare nella valutazione della colpa, come la scarsità di risorse, le carenze organizzative e la complessità del caso. Da qui la sottolineatura dell’importanza delle azioni preventive derivanti da un’oculato sistema di gestione del rischio clinico. Va osservato che detto che la “Riforma D’Ippolito”, che è una proposta di legge elaborata da una commissione ministeriale e di cui si è tanto parlato in questi ultimi anni, ha un approccio simile ma con alcune differenze. Proviamo ad elencare le principali: se la proposta D’Ippolito introduceva una causa di non punibilità se l’evento dannoso era causato da un’imperizia lieve in casi di esecuzione di linee guida, l’attuale bozza di disegno di legge estende la non punibilità per imperizia lieve anche ai casi di negligenza e imprudenza. Entrambe le proposte indicano criteri simili per la valutazione della colpa, come l’emergenza, la scarsità di risorse e la complessità del caso. La bozza di disegno di legge attuale elenca tali criteri in modo esplicito, fornendo al giudice un quadro più definito.
Le novità in ambito civile e le differenze con la c.d. Riforma D’Ippolito.
L’emendamento proposto all’articolo 5, comma 1, supera una rigidità interpretativa che aveva caratterizzato l’applicazione della norma precedente. L’impianto originale della Legge Gelli-Bianco aveva introdotto una causa di non punibilità per il medico che avesse rispettato le linee guida o le buone pratiche clinico-assistenziali, a condizione che l’errore fosse dovuto a imperizia lieve e si fosse verificato nella fase esecutiva dell’atto medico. Questo approccio aveva però creato un “dogma delle linee guida”.
Le modifiche lessicali all’articolo 7, comma 1, sebbene apparentemente minime, consolidano l’impianto originario della Gelli-Bianco. La transizione dal congiuntivo (“si avvalga”) all’indicativo (“si avvale”) rimuove ogni possibile ambiguità sulla natura presuntiva della responsabilità della struttura per l’operato dei suoi ausiliari. L’ente risponde per i danni causati dal personale sanitario che vi opera, a prescindere dal tipo di rapporto di lavoro. Analogamente, la sostituzione di “delle loro condotte” con “dei danni derivanti dalle loro condotte” sposta l’oggetto dell’obbligazione risarcitoria dalla singola azione (o omissione) del medico alla conseguenza finale del danno per il paziente. Questo riallineamento lessicale rafforza l’orientamento della legge a tutelare il paziente concentrando l’azione giudiziaria sull’unico soggetto che può garantire in modo effettivo il risarcimento: la struttura sanitaria.
L’introduzione del nuovo comma 3-bis all’articolo 7 rappresenta l’elemento più significativo e potenzialmente trasformativo della riforma. La norma stabilisce che, nell’accertamento della colpa del sanitario, si deve tenere conto di una serie di fattori attenuanti, tra cui: la scarsità delle risorse umane e materiali disponibili; le eventuali carenze organizzative, quando non evitabili da parte del sanitario; la mancanza, limitatezza o contraddittorietà delle conoscenze scientifiche; la complessità della patologia o della concreta difficoltà dell’attività sanitaria; il ruolo specifico in caso di cooperazione multidisciplinare; la presenza di situazioni di urgenza o emergenza.
Questo articolo codifica un principio già parzialmente elaborato dalla giurisprudenza, che riconosce il legame tra la responsabilità individuale del medico e le criticità sistemiche. L’errore del singolo non si verifica nel vuoto, ma è spesso l’effetto di “condizioni latenti di carattere sistemico” imputabili alla struttura. Il nuovo comma 3-bis crea un collegamento esplicito tra la colpa del medico e queste carenze strutturali.
Ciò che emerge da questa disposizione non è solo l’introduzione di nuovi parametri valutativi, ma – si potrebbe azzardare – un vero e proprio meccanismo di “assorbimento della colpa individuale nella responsabilità sistemica”. Il medico, chiamato a rispondere di un errore, potrà difendersi dimostrando che la sua azione non è stata frutto di una colpa grave, ma una conseguenza inevitabile delle carenze organizzative dell’ente. Questo non incide sul diritto del paziente al risarcimento, che potrà agire in via contrattuale contro la struttura, ma renderà estremamente difficile per quest’ultima esercitare l’azione di rivalsa contro il medico. Questo meccanismo sembra spostare il rischio economico del contenzioso definitivamente dalla persona fisica all’ente giuridico, che diventa il “gestore unico del rischio”.
L’ultima modifica proposta all’articolo 7 comma 5 consiste nella sostituzione delle parole “costituiscono norme imperative ai sensi del codice civile” con “sono inderogabili”.
Questa modifica non introduce alcun cambiamento sostanziale al regime di responsabilità. Entrambi i concetti indicano una disposizione di legge che non può essere derogata dalla volontà delle parti, neanche tramite un accordo privato. L’emendamento tuttavia sembra rivolgersi non solo e non tanto ai privati, quanto alla giurisprudenza affinchè si tenga lontana da operazioni “debilitanti” la distinzione tra responsabilità contrattuale della struttura e responsabilità extracontrattuale del medico strutturato.
Non vengono riprese le principali proposte della Commissione D’Ippolito in ambito civile, soprattutto laddove proponeva di chiarire che l’onere della prova, in ambito civile, incombe sul danneggiato che deve dimostrare che la specificità del caso richiedeva una condotta diversa da quella tenuta dalla struttura o dal professionista.
Michele Lucca
avvocato in Udine – Studio LEGALNEXT